Anche nel 2019, ovviamente, si può cercare di accedere alla pensione mediante la pensione di vecchiaia che, come evidente, può avvenire a quattro età differenti, le quali per il 2019 oscillano da 66 anni a 71 anni.

Quando andare in pensione di vecchiaia

In particolare, nel biennio 2019-2020 per usufruire della pensione 2019sono necessari 67 anni di età (rispetto ai 66 anni e sette mesi sufficienti nel 2018) con almeno 20 anni di assicurazione e di contribuzione. Possono bastare invece soli 15 anni di anzianità contributiva, ma a condizione che tale anzianità risulti accreditata entro il 31 dicembre 1992.

Per le pensioni che vengono liquidate con il sistema misto, nel caso in cui l’importo della rendita dovesse risultare inferiore al trattamento minimo, lo stesso sarà adeguato a tale ultimo valore pari – per il 2019 – a 513,01 euro lordi mensili.

Le speranze di vita

L’adeguamento alla speranza di vita trova una principale eccezione, e dunque una carenza di applicazione, nei confronti di quelle persone che svolgono lavori definiti “gravosi” nonché per gli addetti alle “lavorazioni particolarmente faticose e pesanti”, ma sempre a condizione che siano in possesso di una anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni.

Queste persone, pertanto, nel corso del biennio 2019 – 2020 potranno accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e sette mesi.

Pensione contributiva

Per quei soggetti definiti “contributivi puri”, ovvero quei soggetti che non hanno alcuna anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, l’accesso alla pensione di vecchiaia con 67 anni è possibile a condizione che il primo importo soglia non risulti inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale.

Ne consegue che, per il 2019, il valore minimo della pensione non può essere inferiore a 686,99 euro lordi mensili. Nel caso in cui l’importo soglia non potesse essere soddisfatto, bisognerà attendere il raggiungimento di tale valore oppure il compimento dei 71 anni di età (requisito valevole per il biennio 2019-2020), quando sarà liquidato l’assegno pensionistico maturato, indipendentemente dal suo valore, a condizione che l’interessato possa comunque far valere almeno cinque anni di contribuzione effettiva contributi obbligatori, volontari, da riscatto), rimanendo esclusi i periodi accreditati figurativamente a qualsiasi titolo. Il requisito anagrafico dei 71 anni risente degli adeguamenti legati alla speranza di vita.

Totalizzazione

Tra gli altri requisiti vi è poi quello anagrafico, legato al superamento dei 66 anni di età. Tale requisiti viene richiesto nel caso in cui si acceda alla pensione di vecchiaia totalizzando i contributi versati in più gestioni durante la vita lavorativa, comprese la gestione separata dell’Inps e le Casse di previdenza dei liberi professionisti.

La possibilità, introdotta mediante il d. lgs. 42/2006, non sembra comunque essere particolarmente conveniente, considerato che le regole sul cumulo dei contributi introdotte dopo, nel 2013, sono più favorevoli.

Si tenga infatti conto che totalizzare il calcolo dell’assegno significa passare al metodo contributivo, che nella maggior parte dei casi risulta svantaggioso per il lavoratore. Inoltre, si tenga anche conto che ai 66 anni di età (oltre ai 20 anni di contributi) che risultano essere necessari per poter maturare il diritto, si deve aggiungere una finestra di 18 mesi prima dell’erogazione del primo assegno. Insomma, in fin dei conti la prima pensione di vecchiaia in totalizzazione si percepisce a 67 anni e sei mesi.

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